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Partiamo dal concetto di bellezza e quello di arte.

Nell’antichità la bellezza era associata alla Natura, mentre l’arte aveva il compito di eseguire nel miglior modo possibile ciò che era destinata a fare. Era arte quindi sia quella del pittore, sia quella del falegname.

Nel XV secolo d.c. Leonardo Da Vinci dedica, nel disegnare i propri prodigi meccanici, lo stesso amore e cura che riserva alla rappresentazioni pittoriche e scultoree.

La parola “arte”, come la parola “artigianato” d’altronde, deriva dal latino “ars” che significa “metodo pratico” ovvero “tecnica”. Nel Medioevo esisteva la parola “artista”, ma non la parola “artigiano”, identificato come qualcuno che eccelleva nel proprio mestiere, nella propria arte appunto. Quindi la distinzione tra artista ed artigiano all’epoca era molto sottile qualora effettivamente esistesse.

Soltanto nel  Quattrocento si ebbe una distinzione tra le arti maggiori e quelle minori, quando i trattati di Leon Battista Alberti evidenziarono l’importanza dell’intelletto rispetto alla manualità.

Nel XVI secolo, la distinzione divenne ancora più netta con la nascita delle accademie che sottolinearono la distinzione tra sapere accademico ed il mestiere di bottega.

In Europa, durante il Medioevo, gli artigiani si riunivano spesso in associazioni, e per farne parte, e quindi per imparare un mestiere, un giovane doveva lavorare senza paga sotto la supervisione di un artigiano esperto (ad onor del vero si entrava nelle botteghe artigiane da bambini). Solo dopo l’apprendistato si iniziava a ricevere una paga, o comunque solo dopo l’inizio di una produzione che rispettasse determinati standard qualitativi fissati dall’associazione di appartenenza. Nella scala gerarchica l’artigiano si trovava sotto gli aristocratici e sopra gli agricoltori.

Queste associazioni prendevano il nome di “Corporazioni delle arti e dei mestieri”, e vennero create a partire dal XII secolo d.c. , e tutelavano e regolamentavano gli appartenenti di una stessa categoria. Esistevano regolamenti rigidi per il controllo delle materie prime, processi lavorativi, e strumenti di lavoro, e vigeva già all’epoca una vera e propria lotta ai “Falsi”. Da qui ha origine la locuzione “regola dell’arte” ( o regola d’arte).

L’attività corporativa degli artigiani però ha delle origini ben più lontane, e già nell’epoca romana prendevano il nome di “corpus” o “collegium”, ed ebbero all’epoca come nel medioevo, degli importanti ruoli politici ed economici. Basti pensare che l’Imperatore Diocleziano le rese obbligatorie ed ereditarie per garantire la stabilità sociale dopo la crisi del III secolo. Nel Medioevo le attività politiche erano organizzate prendendo spunto dalle corporazioni.

Gli artigiani in Italia da sempre sono i custodi di una tradizione che si tramanda da padre in figlio, tradizione intrisa di sacrifici, errori, e unicità. Quando si acquista un prodotto artigianale si acquista una fetta seppur piccola, di storia e tradizione, simbolo di un sistema di relazioni in un continuo scambio di esperienze culturali, sociali ed economiche.

Si stima che l’artigianato nell’economia italiana  incida per il 33% per il numero di imprese, per il 21% per gli addetti e per il 15% del P.I.L..

i vocabolari Italiani definisco:

Artista: colui che si dedica ad un arte come realizzatore o come interprete;

Artigiano: Colui che lavora prodotti non in serie, artistici e non;

visto quanto sopra è palese il connubio tra artista ed artigiano, arte e artigianato, e l’ambiguità di distinzione dei termini.

L’art. 45 della costituzione  (del 1948) recita: “la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”

Con la legge del 25 luglio del 56 n 860 il parlamento, in barba alla costituzione, cancella millenni di storia e cultura, creando i prodromi per l’attuale crisi economica, definendo l’artigianato come impresa ed inserendo le lavorazioni in serie, tipicamente industriali, nell’ambito della produzioni artigianali.

Le botteghe artigiane d’ora in poi dovranno essere iscritte al R.e.c. come i commercianti, e saranno assoggettate sempre più ai regimi fiscali e legislativi propri dell’industria.

La legge 443/85 recita: è imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana,  assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. È inoltre previsto che lo stesso imprenditore possa essere titolare di una sola impresa artigiana, mentre può essere socio non operante in altre società.

La legge n.443/85, quindi,  trasforma le botteghe artigiane in imprese artigiane . L’artigiano diventa imprenditore, perdendo quella caratteristica altamente umanistica che lo aveva contraddistinto per millenni. Nasce una nuova economia basata sull’effimero, e sullo scambio fallimentare di crediti e debiti e non di manufatti.